CLAUSTROFOBIA

La Claus­tro­fo­bia è un dis­tur­bo d’ansia che si carat­ter­iz­za per il ter­rore ecces­si­vo ed irrazionale dei luoghi stret­ti e chiusi come tun­nel, met­ro­pol­i­tane, ascen­sori, ecc.  che dan­no la sen­sazione immo­ti­va­ta di non avere più una via di uscita.
Chi sof­fre di Claus­tro­fo­bia, può avere avu­to in pas­sato, anche un solo attac­co di pan­i­co, ma ciò può essere suf­fi­ciente per creare la fobia cioè un irra­gionev­ole ter­rore di fronte a con­dizioni sim­ili o analoghe a quelle che lo han­no scate­na­to, con evi­ta­men­to di tutte le situ­azioni chiuse che potreb­bero far emerg­ere di nuo­vo il disturbo.
Oltre alle clas­siche manovre di evi­ta­men­to o di fuga di fronte alla situ­azione fobi­ca, il claus­tro­fo­bi­co tiene sot­to con­trol­lo l’ansia, cer­can­do delle spie­gazioni appar­ente­mente logiche per gius­ti­fi­care i pro­pri evi­ta­men­ti ma poco usu­ali e com­pren­si­bili per gli altri.
Quan­do la sin­toma­tolo­gia ansiosa e i con­seguen­ti evi­ta­men­ti sono tali da com­portare una lim­i­tazione del­la vita lavo­ra­ti­va, sociale o famil­iare, è oppor­tuno riv­ol­ger­si ad uno specialista.
All’orig­ine di ques­ta fobia, sem­bra­no avere rilie­vo oltre che  fat­tori geneti­ci pre­dispo­nen­ti, anche fat­tori ambi­en­tali ed educa­tivi. Favorirebbe la Claus­tro­fo­bia, un sis­tema famil­iare oppri­mente e con­trol­lante, che induce a sen­si di col­pa, attra­ver­so sot­tili ricat­ti psi­co­logi­ci, il sogget­to si sente così “incas­tra­to” in situ­azioni che non desidera, ma da cui non sa uscire.
Inter­ven­gono poi fat­tori pre­cip­i­tan­ti che sca­te­nano il dis­tur­bo in sogget­ti pre­dis­posti: si trat­ta di tutte le situ­azioni che lim­i­tano la lib­ertà indi­vid­uale come un nuo­vo lavoro, una nuo­va situ­azione sen­ti­men­tale, un mat­ri­mo­nio, la nasci­ta di un figlio ecc.
La Claus­tro­fo­bia deve essere tenu­ta dis­tin­ta dal­la Ago­rafo­bia tipi­ca di chi sof­fre di un attac­co di pan­i­co, la quale non si limi­ta alla pau­ra degli spazi chiusi, ma riguar­da tutte le situ­azioni, anche all’aperto, da cui non sia pos­si­bile una rap­i­da via di fuga.
Inoltre, il claus­tro­fo­bi­co e l’agorafobico han­no strut­ture di per­son­al­ità opposte: il pri­mo è una per­sona autono­ma che ama i pro­pri spazi e la pro­pria indipen­den­za, men­tre l’agorafobico in genere, è una per­sona dipen­dente e pas­si­va che ha bisog­no di qual­cuno che si occu­pi di lui.

TERAPIA

La psi­coter­apia più indi­ca­ta per il trat­ta­men­to del­la Claus­tro­fo­bia risul­ta essere quel­la Cog­ni­ti­vo-Com­por­ta­men­tale.
Le tec­niche com­por­ta­men­tali preve­dono eser­cizi di espo­sizione grad­uale agli sti­moli temu­ti fino a che gli stes­si cessi­no di provo­care ansia.
Tale pro­ce­du­ra può scor­ag­gia­re le per­sone che sof­frono di claus­tro­fo­bia, ma se è ben effet­tua­ta, con l’aiuto di uno psi­coter­apeu­ta esper­to, è asso­lu­ta­mente applic­a­bile e garan­tisce l’effetto desider­a­to nel­la stra­grande mag­gio­ran­za dei casi.
Per ren­dere più effi­cace il trat­ta­men­to, ven­gono uti­liz­zate strate­gie di rilas­sa­men­to mus­co­lare in modo da favorire l’associazione degli sti­moli ansio­geni al rilas­sa­men­to anziché all’ansia.
Le tec­niche di psi­coter­apia cog­ni­ti­va ven­gono uti­liz­zate per mod­i­fi­care le con­vinzioni e i pen­sieri auto­mati­ci asso­ciati alla percezione del­lo sti­mo­lo fobi­co al fine di ren­dere più con­trol­la­ta la risposta.
L’utilizzo di far­ma­ci può essere utile per gestire l’ansia di fronte alle situ­azioni temute solo nel­la fase iniziale nei casi più resisten­ti, per­ché a lun­go andare potreb­bero rin­forzare la fobia.

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